I rom sono uno dei gruppi minoritari più grandi e svantaggiati d’Europa. Dei 10-12 milioni di rom in Europa, circa due terzi vivono nei paesi dell’Europa centrale e orientale. Mentre alcuni sono fuggiti dalla povertà, milioni vivono in baracche e mancano dei servizi di base di cui hanno bisogno, dalla sanità e l’istruzione all’elettricità e l’acqua pulita.
La discriminazione contro le comunità rom è comune, alimentando la loro esclusione. Lungi dallo stimolare il sostegno per la loro inclusione sociale, la loro povertà e le loro povere condizioni di vita spesso rafforzano le opinioni stereotipate dei politici e del pubblico. E lungi dal ricevere il sostegno che è loro diritto, i bambini rom affrontano la discriminazione che nega loro l’essenziale per un’infanzia sicura, sana ed educata.
La discriminazione contro i bambini rom può iniziare presto e avere un impatto per tutta la vita.
I problemi dei bambini rom possono iniziare presto nella vita. In Bosnia ed Erzegovina, per esempio, i bambini rom hanno quattro volte più probabilità degli altri di nascere sottopeso. Hanno anche meno probabilità di essere registrati alla nascita, e molti non hanno il certificato di nascita che segnala il loro diritto a tutta una serie di servizi.
Quando crescono, i bambini rom hanno più probabilità di essere sottopeso rispetto ai bambini non rom e meno probabilità di essere completamente immunizzati. Pochi partecipano all’educazione della prima infanzia. Hanno meno probabilità dei bambini non rom di iniziare o completare la scuola primaria, e le ragazze rom, in particolare, hanno molte meno probabilità di frequentare la scuola secondaria. Solo il 19 per cento dei bambini rom arriva a questo punto in Serbia, rispetto all’89 per cento dei bambini non rom.
Ci sono anche disparità nei tassi di alfabetizzazione in 10 paesi della regione, con tassi dell’80 per cento per i ragazzi rom e poco meno del 75 per cento per le ragazze rom, rispetto ai tassi di alfabetizzazione quasi universali a livello nazionale.
I bambini rom sono troppo spesso segregati in classi “correttive” all’interno delle scuole regolari, ed è più probabile che siano in scuole “speciali” – un riflesso delle scuole che non riescono a soddisfare le loro esigenze, piuttosto che un fallimento da parte loro.
Nelle comunità rom, il matrimonio infantile può essere percepito come un modo “valido” per proteggere le giovani ragazze e come una tradizione apprezzata. In realtà, questi matrimoni approfondiscono le disparità vissute dalle ragazze e riducono le loro opportunità di vita.
In molti paesi balcanici, la metà delle donne rom tra i 20 e i 24 anni si è sposata prima dei 18 anni, rispetto al 10% circa a livello nazionale. Il matrimonio infantile e l’abbandono scolastico sono strettamente collegati, in particolare per le ragazze, e tali matrimoni espongono anche le ragazze ai pericoli di una gravidanza e di un parto precoci, oltre che a un alto rischio di violenza domestica.