L’amicizia, o philia, è uno degli “amori” che C.S. Lewis elucida e celebra nel suo libro I quattro amori, gli altri sono l’amore familiare (storge), l’amore sessuale (eros) e l’amore divino (caritas o agape). Anche se non è il più grande o il più alto degli amori, Lewis vede l’amicizia come il nobile incontro di coloro che condividono interessi o valori comuni. Egli stesso fu un grande praticante di questo particolare amore, godendo dell’amicizia di molti ed essendo un grande amico in cambio.
Quando si pensa all’amicizia in relazione a Lewis non si può evitare di pensare agli Inklings, il gruppo di amici che si incontrava regolarmente per molti anni nelle stanze di Lewis al Magdalen College e al celebre pub Eagle and Child, che gli amici soprannominarono “the Bird and Baby”. Secondo ogni stima, gli Inklings possono essere considerati il gruppo letterario più importante del secolo scorso, servendo da catalizzatore per molte grandi opere, non ultime quelle di Lewis stesso e quelle del suo grande amico, J. R. R. Tolkien.
Oltre a Lewis e Tolkien, gli Inkling includevano Charles Williams, Owen Barfield, P. Gervase Matthew, Lord David Cecil, Nevill Coghill, Hugo Dyson, Roger Lancelyn Green, così come il figlio di Tolkien, Christopher, e il fratello di Lewis, Warnie. Al di là di questo sancta sanctorum, c’erano molti ospiti occasionali alle riunioni degli Inklings, tra cui, in particolare, il controverso poeta sudafricano e convertito, Roy Campbell, con cui Lewis aveva incrociato le spade in polemica e inimicizia prima di stringere finalmente la mano in convivialità e amicizia.
Lewis era comunque, come Ben Jonson disse di Shakespeare, “non di un’epoca ma per tutti i tempi”, il che significa che conta tra i suoi amici non solo i suoi contemporanei ma anche i grandi scrittori e pensatori della civiltà. Questi amici illustri, che Lewis non ha mai incontrato se non nei loro libri, sono gli eminenti della storia letteraria, troppo numerosi per essere menzionati, essendo Lewis tanto letto e tanto onnivoro nelle sue letture.
Dovremmo forse menzionare un amico che avremmo voluto che Lewis incontrasse di persona, ed è G. K. Chesterton, uno scrittore che influenzò la conversione di Lewis al cristianesimo e che Lewis amava citare con gusto ai suoi studenti. Saremmo anche negligenti se non menzionassimo la sua amicizia con George MacDonald, uno scrittore le cui opere si può dire abbiano battezzato l’immaginazione di Lewis.
Un altro gruppo di amici sarebbe la giovane generazione di aficionados di Lewis che sono in debito con lui per il modo lucido in cui ha argomentato la causa del cristianesimo in un’epoca secolare ostile, aiutando così a spianare i loro stessi percorsi di conversione. Ironicamente, considerando che Lewis non ha mai attraversato il Tevere, molti di questi erano convertiti alla Chiesa Cattolica. Walker Percy ha commentato che Lewis è stato più importante di chiunque altro come influenza sui convertiti alla fede, un fatto notevole che serve come un giusto testamento e tributo ai suoi sorprendenti poteri di persuasione come apologeta cristiano.
Come Chesterton prima di lui, C. S. Lewis possedeva il dono dell’amicizia, presentando il volto amichevole della fede a un’epoca segnata dal ghigno del cinismo. Per questo, come per molte altre cose, dovremmo essere grati per la vita e l’eredità di questo straordinario uomo. Forse potremmo osare sperare che i signori Chesterton e Lewis siano ora amici in quel luogo “più in alto e più in dentro” dove tutta la vera amicizia si incontra e dove nessuna vera amicizia finisce mai.