Cato detto “il Vecchio” per distinguerlo dal suo altrettanto famoso pronipote, Catone il Giovane, nacque a Tusculum nelle montagne della Sabina. Dopo essere cresciuto nella robusta disciplina della vita agricola, Catone, dall’età di 17 anni, partecipò alla seconda guerra punica, si distinse in varie battaglie e servì come tribuno militare in Sicilia. Dopo aver guadagnato una notevole fama per la sua abilità oratoria a corte, fu il primo della sua famiglia a candidarsi alle cariche pubbliche. Eletto questore nel 204 a.C., fu assegnato al proconsole Publio Cornelio Scipione (Africanus Major) durante la guerra in Africa. Al suo ritorno incontrò il poeta Quinto Ennio in Sardegna e lo portò a Roma.
Nel 199 Catone divenne edile plebeo, e l’anno successivo pretore in Sardegna, dove procedette severamente contro gli usurai. Vinse il consolato nel 195 insieme al suo amico e sostenitore patrizio Lucio Valerio Flacco. Prima della sua partenza per la provincia di Spagna si oppose all’abrogazione della legge Appia contro il lusso femminile. Come proconsole, l’anno seguente sedò con successo la ribellione delle tribù spagnole, sistemò l’amministrazione romana e si preoccupò dei profitti romani dalle miniere spagnole di ferro e argento. Tornato a Roma più tardi nel 194, celebrò un trionfo.
Nella guerra contro il re siriano Antioco III, Catone servì ancora una volta come tribuno militare sotto Manlio Acilio Glabrio, console del 191 a.C. Durante i suoi viaggi in Grecia, Catone acquisì il suo atteggiamento antiellenico. Dopo le brillanti operazioni alle Termopili fu inviato a Roma per riferire della vittoria, e subito dopo iniziò una serie di accuse dirette contro l’ala progressista e filo-ellenica del Senato, che aveva come centro Scipione Africano. I suoi instancabili attacchi contro quelli che considerava gli effetti demoralizzanti delle influenze straniere e il suo tentativo di ritornare alle “buone vecchie maniere romane” lo portarono a diventare censore nel 184.
Ha raggiunto il culmine della sua carriera all’età di 50 anni, Catone diede pieno spazio alle sue dottrine di rigenerazione sociale. Come censore, introdusse tasse sul lusso e revisionò rigorosamente l’iscrizione del Senato e l’ordine equestre. D’altra parte, spese sontuosamente in opere pubbliche come il sistema fognario e costruì il primo mercato romano, la Basilica Porcia, accanto alla casa del Senato. Con la severità della sua censura si fece così tanti nemici che dovette difendersi in tribunale fino alla fine della sua vita in almeno 44 processi. Perseguì una vigorosa politica anti-cartaginese dopo essere tornato da un’ambasciata a Cartagine, dove assistette con grande sgomento alla ripresa economica dell’ex nemico di Roma. Morì nel 149 a.C. all’età di 85 anni, 3 anni prima della distruzione finale di Cartagine.
Come autore, pur seguendo nelle sue Origines (Storie di fondazione) le storie di fondazione ellenistiche delle città italiane, Catone fu il primo storico romano a scrivere in latino, ispirando così la storiografia nazionale a Roma. Non esitò a includere i propri discorsi (di cui Cicerone ne conosceva più di 150), e frammenti di 80 sono ancora conservati. Non essendo un detrattore dei propri elogi, rifiutò di includere i nomi di altri generali nella sua opera. La sua opera didattica in prosa De agricultura (Sull’agricoltura) fornisce una miniera di informazioni sul cambiamento delle condizioni dalla piccola proprietà terriera all’agricoltura capitalistica in Campania. È anche un inestimabile libro fonte di antichi costumi, condizioni sociali, superstizioni, formule di preghiera e prosa latina arcaica.
Cato fu senza dubbio uno dei personaggi più coloriti della Repubblica Romana, e il suo nome divenne sinonimo della rigida moralità romana antica per le generazioni a venire.