Ceramica cotta in buca

La cottura in buca è il più antico metodo conosciuto per la cottura della ceramica. Esempi sono stati datati a partire dal 29.000-25.000 a.C., mentre il più antico forno conosciuto risale a circa 6000 a.C. ed è stato trovato nel sito di Yarim Tepe nell’Iraq moderno. I forni permettono di raggiungere temperature più elevate e di usare il combustibile in modo più efficiente, e hanno da tempo sostituito la cottura in buca come il metodo più diffuso di cottura della ceramica, anche se la tecnica trova ancora un uso limitato tra certi ceramisti e in Africa.

Tumulo di cottura della ceramica a Kalabougou, Mali, una forma molto grande di buca di cottura.

Rimozione dei vasi cotti, Kalabougou, 2010

I vasi non cotti sono annidati insieme in una fossa nel terreno e sono circondati da materiali combustibili come legno, trucioli, letame secco, foglie, e talvolta ossidi di metallo e sali per intaccare la superficie dei vasi. La parte superiore della fossa può essere protetta con argilla umida, cocci, pezzi di legno più grandi o deflettori di metallo. La fossa riempita viene poi messa sul fuoco e curata con attenzione fino a quando la maggior parte del combustibile interno è stato consumato. A circa 1.100°C (2.000°F) le temperature massime sono moderate rispetto ad altre tecniche usate per la ceramica, e il vasellame prodotto conta come terracotta. Dopo il raffreddamento, i vasi vengono rimossi e puliti; ci possono essere disegni e colori lasciati dalla cenere e dai depositi di sale. I vasi possono poi essere incerati e lucidati per creare una finitura liscia e lucida.

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