L’etimologia di pollo, gallo e altre parole volgari

Le parole del cibo hanno delle radici davvero strane, ma seguile abbastanza indietro, e puoi vedere la storia culinaria tutta aggrovigliata in poche brevi sillabe. Benvenuti a Eat Your Words

Buff Orpingtons! (Credit: Wikimedia)
Buff Orpingtons! (Credit: Wikimedia)

Ogni animale che mangiamo ha un suo vocabolario. Per migliaia di anni, giorno dopo giorno, una larga fetta dell’umanità ha parlato di questi commestibili addomesticati, e si vede: ogni fase della vita di un maiale ha un nome, e ogni muscolo di una mucca.
E abbiamo una tonnellata di parole per il pollo.

Vedi altro

Etimologicamente, alcune sono facili. “
Rooster” era originariamente l’abbreviazione di “roosting bird”, preferito dai puritani al doppio senso del più tipico “cock”. “
Pullet”, che si riferisce specificamente a una giovane gallina, generalmente meno di un anno, deriva dal francese per “giovane gallina”, poulette (un po’ come l’attuale poulet francese). E un “
capone” (un gallo castrato, per tutti i non avicoltori là fuori) prende il suo nome da una parola latina che significa lo stesso (caponem), che a sua volta deriva da una radice proto-indoeuropea che significa “tagliare” (per ovvie ragioni).

Quanto meno tecnica è la parola, però, tanto più oscure diventano le sue origini. Nonostante il fatto che, in qualsiasi tipo di situazione pratica di allevamento di polli, la maggior parte del gregge è femmina, la parola “
hen” è nata come la versione femminile della parola inglese antico per un gallo, hana. E hana stesso proveniva dal germanico occidentale – l’antenato linguistico delle lingue mute oggi parlate dal Belgio fino alla Danimarca – che chiamava il pollo maschio khannjo: letteralmente, “uccello che canta per l’alba”


Cock”, invece, non ha una provenienza chiara. Solo i francesi, i nostri ex gemelli linguali, hanno una parola simile (coq), mentre quasi tutte le altre lingue europee usano qualche versione del vecchio germanico hana o del latino gallus. Ma l’OED ipotizza che sia nata come una parola ecoica. I galli fanno “cock-a-doodle doo”, dopo tutto, e tendono a chiocciare incessantemente.

Che, infine, ci porta al piatto principale: “
pollo”. La parola era originariamente ciccen nell’inglese antico (una lingua che, come l’italiano, trasformava le sue C in CH quando venivano prima di una I), ma allora era solo il plurale di “chick”, e si riferiva solo a gruppi di uccellini. Il plurale -en è per lo più morto in inglese, e lo è stato per centinaia di anni, ma abbiamo ancora parole come “oxen,” “children,” e “brethren” per ricordarci dei vecchi tempi sciolti. Nel XIX secolo, però, la parola era diventata quella che conosciamo oggi, e divenne il nome standard per l’uccello, indipendentemente dal sesso o dall’età, vivo o morto.

Non è chiaro perché, esattamente, “pollo” sostituì “
fowl” (in definitiva dal germanico antico per “mosca”, fluglo) come termine generico per il volatile comune, ma nel 1908, la Westminster Gazette affermò che era “un disastroso tradimento delle origini borghesi parlare di un ‘pollo’ come un ‘fowl’. Qualunque sia l’età dell’uccello, la parola deve sempre essere pollo.”

RELATO
La guida definitiva per grigliare un pollo croccante e succoso
Come abbattere il tuo pollo
L’archivio di Eat Your Words

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.