“Porto di Mosca”

Immagine in alto: Truppe tedesche in Russia per gentile concessione degli Archivi Nazionali.

L’eminente storico della Seconda Guerra Mondiale (e amico intimo del National WWII Museum) Dr. Gerhard Weinberg inizia spesso le sue conferenze ricordando al pubblico che “la terra è rotonda”. Questo pezzo di saggezza comune serve a ricordarci che gli eventi su un qualsiasi fronte della guerra hanno necessariamente avuto un grande impatto su tutti gli altri, e che è impossibile discutere i vari fronti in modo isolato.

Se avete bisogno di ricordare la “rotondità” del globo, tutto quello che dovete fare è guardare indietro alla prima settimana di dicembre 1941. Due grandi eventi ebbero luogo in quel fatidico mese: il massiccio contrattacco sovietico davanti a Mosca il 5 dicembre e l’attacco giapponese a Pearl Harbor il 7 dicembre.

Solo una coincidenza, direte voi? Dopo tutto, c’è molta strada da Mosca a Pearl Harbor, circa 7.000 miglia, ed è il massimo che si può raggiungere sul pianeta Terra. Come potrebbe uno di questi eventi aver alimentato l’altro?

È semplice. Basta ricordare la legge di Weinberg. La terra è rotonda. La sconfitta tedesca di fronte alla capitale sovietica fu il risultato di molti fattori, ma soprattutto di un grave sovraccarico logistico tedesco, con rimpiazzi in ritardo rispetto alle perdite, pezzi di ricambio e carburante difficili da trovare, e rinforzi del tutto assenti. La marcia su Mosca si esaurì alla fine di ottobre, con l’arrivo delle piogge autunnali, riprese brevemente quando il fango gelò, poi si bloccò insieme al duro gelo e alla neve di metà novembre. Ai sovietici piaceva anche vantarsi di due dei loro più valorosi ed eroici comandanti: Il generale Mud e il generale Winter. Secondo qualsiasi standard ragionevole, era giunto il momento per la Wehrmacht di fare il punto della situazione, consolidare una buona posizione difensiva e poi usare la nuova linea come punto di partenza per un’offensiva nel 1942.

Il “Generale Inverno” in Russia causò enormi difficoltà all’esercito tedesco, i cui soldati erano mal equipaggiati per il rigido inverno russo. Foto per gentile concessione di The Miriam and Ira D. Wallach Division of Art, Prints and Photographs: Picture Collection, New York Public Library. The New York Public Library Digital Collections, 1942.

Ma questo non accadde, anzi, il contrario. I tedeschi continuarono a spingere in avanti, subendo un’impennata di perdite per un guadagno minore, e oggi ne conosciamo una delle ragioni: Hitler e il suo staff continuarono a spingere le truppe in avanti per spingere i giapponesi ad entrare in guerra.

Il Führer sapeva che i giapponesi stavano considerando un attacco agli Stati Uniti. Già a marzo, aveva promesso al ministro degli esteri giapponese Matsuoka Yosuke di sostenere il Sol Levante in qualsiasi guerra lanciata contro l’America. I giapponesi, purtroppo, avevano rifiutato di buttarsi, decidendo di passare l’anno in negoziati apparentemente infiniti con Washington. Si erano rifiutati di saltare in luglio, quando la Wehrmacht stava facendo a pezzi l’Armata Rossa come un arrosto, e difficilmente lo avrebbero fatto se i tedeschi avessero improvvisamente fatto la figura dei perdenti di fronte a Mosca. Hitler voleva disperatamente il Giappone nella guerra. Era impressionato dalla sua tradizione militare, dai suoi soldati che non si danno per vinti e, naturalmente, dalla sua grande marina d’acqua blu, la più grave carenza strategica del Reich in tempo di guerra. Un attacco giapponese avrebbe distratto gli Stati Uniti e ridotto la quantità di materiale americano che arrivava agli alleati: tutte cose buone per Berlino.

E così, la Wehrmacht continuò ad andare avanti ben oltre il punto di diminuzione dei rendimenti, avanzando finché le formazioni tedesche avanzate furono ridicolmente vicine a Mosca, appena 10-12 miglia. Per arrivarci, però, i tedeschi si erano battuti fino all’ultimo uomo e all’ultimo carro armato. Le divisioni tedesche erano grandi come battaglioni, e le compagnie come squadroni. Le ferite da congelamento erano dilaganti e l’abbigliamento invernale era scarso – non perché i tedeschi non sapessero che avrebbe fatto freddo in Russia a dicembre, ma come risultato di una decisione deliberata di dare priorità alle munizioni e al carburante per l’avanzata finale. Questo esercito fantasma fu facile preda della vasta controffensiva sovietica che si aprì il 5 dicembre, con non meno di 17 armate fresche assemblate solo per questo scopo.

Naturalmente, i giapponesi finalmente fecero il tanto atteso tuffo, due giorni dopo, il 7 dicembre. Lo fecero secondo il loro programma, per ragioni proprie che avevano poco a che fare con le decisioni operative di Hitler. Ma esitando così a lungo, furono una delle ragioni per cui i tedeschi continuarono a macinare in avanti, e il ritardo del loro attacco a Pearl Harbor fu un fattore chiave nel disastro tedesco prima di Mosca.

Come dice il saggio, la terra è rotonda.

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