In termini di spettacoli e teatri, il dramma romano raggiunse il suo apice nel IV secolo a.C., ma aveva già incontrato l’opposizione che avrebbe portato alla sua fine. A partire dal 300 a.C. circa, la chiesa cercò di dissuadere i cristiani dall’andare a teatro, e nel 401 il quinto concilio di Cartagine decretò la scomunica per chiunque avesse assistito a spettacoli nei giorni di festa. Agli attori furono proibiti i sacramenti a meno che non rinunciassero alla loro professione, un decreto non revocato in molti luoghi fino al XVIII secolo. Un editto di Carlo Magno (814 circa) stabiliva che nessun attore poteva indossare la veste di un prete; la pena poteva essere il bando. Questo suggerisce che il dramma, molto probabilmente il mimo, aveva ridicolizzato la chiesa o che aveva cercato di accomodare la sensibilità religiosa con rappresentazioni “divine”.
Le invasioni dei barbari dal nord e dall’est accelerarono il declino del teatro romano. Anche se nel 476 Roma era stata saccheggiata due volte, alcuni teatri furono ricostruiti. L’ultima testimonianza certa di uno spettacolo a Roma risale al 533. L’evidenza archeologica suggerisce che il teatro non sopravvisse all’invasione longobarda del 568, dopo la quale il riconoscimento e il sostegno statale del teatro fu abbandonato. Il teatro continuò per un po’ nell’Impero Romano d’Oriente, la cui capitale era Costantinopoli, ma nel 692 il Concilio Quinisext della Chiesa approvò una risoluzione che proibiva tutti i mimi, i teatri e altri spettacoli. Anche se l’efficacia del decreto è stata messa in discussione, gli storici fino a poco tempo fa lo usavano per significare la fine del teatro antico.
Il presupposto ora è che, anche se il riconoscimento ufficiale e il sostegno degli spettacoli furono ritirati e i teatri non furono utilizzati, alcuni resti di almeno la tradizione del mimo furono portati avanti per tutto il Medioevo. Gli scritti cristiani suggeriscono che gli esecutori erano figure familiari. Per esempio, due detti popolari erano “È meglio compiacere Dio che gli attori” e “È meglio nutrire i poveri alla tua tavola che gli attori”. A parte la tradizione del mimo, un commediografo romano, Terenzio, mantenne la sua reputazione per tutto il primo Medioevo, probabilmente a causa del suo stile letterario.
Howard Bay
Le donne interpreti erano diffuse durante il periodo come giocoliere, acrobate, ballerine, cantanti e musiciste. C’erano donne trovatrici e jongleurs, e molte delle chansons francesi sono scritte dal punto di vista di narratrici, in particolare le chansons de mal mariée, o lamentele di donne infelicemente sposate. Generazioni di autorità ecclesiastiche hanno protestato contro i grandi cori di donne che si riversavano nelle chiese e nei monasteri nei giorni di festa, cantando canzoni e ballate oscene. Si registrano lamentele dal VI secolo a.C. al XIV per la partecipazione delle donne a spettacoli pubblici licenziosi nelle occasioni di festa. Le donne erano anche partecipanti attive nelle successive rappresentazioni di mummie; la Mummie di Londra del 1427 circa era presentata da un cast tutto femminile, mentre nella Mummie di Natale a Hertford il giovane re Enrico VI vide una rappresentazione che consisteva in “una mascherata del rude popolo upplandisshe compleynynge on hir wyves, with the boystous aunswere of hir wyves.”
Teatro della chiesa
Il dramma religioso medievale nacque dal desiderio della chiesa di educare il suo gregge in gran parte analfabeta, usando le drammatizzazioni del Nuovo Testamento come metodo di insegnamento dinamico. Non è certo che ci sia una connessione tra il dramma dei tempi classici e le nuove drammatizzazioni rudimentali che lentamente crebbero nei cicli di miracoli e misteri delle opere teatrali nel Medioevo. Già nel X secolo in Svizzera, Francia, Inghilterra e Germania venivano rappresentate brevi e semplici rappresentazioni drammatiche di parti della liturgia della messa di Pasqua e Natale. Man mano che queste brevi scene crescevano di numero, piccole strutture sceniche, chiamate mansions, sedum, loci, o domi (le parole latine per sedili, luoghi e case, rispettivamente), venivano collocate ai lati della navata della chiesa. In queste si recitavano le storie della Natività, della Passione o della Resurrezione, a seconda della particolare stagione del calendario cristiano. Alla conclusione di ogni scena la congregazione rivolgeva la sua attenzione al palazzo successivo, seguendo così una successione di scene disposte a intervalli intorno alla navata. Gradualmente, la rappresentazione del dramma liturgico passò dalle mani del clero a quelle dei laici, probabilmente attraverso le corporazioni commerciali degli artigiani, che erano anche confraternite religiose. Nei drammi si insinuarono sempre più intermezzi profani, al punto che i drammi si spostarono dall’edificio della chiesa alla piazza pubblica. I singoli drammi vennero collegati in cicli, spesso iniziando con la storia della creazione e finendo con quella del Giudizio Universale. Ogni opera all’interno del ciclo era rappresentata da una diversa corporazione di mestiere. Molte delle opere di diversi cicli sono sopravvissute e possono ancora essere viste in alcune parti dell’Inghilterra.
George C. Izenour Clive Barker